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2010 – 2020: il decennio social che ha svuotato la comunicazione. Perché siamo passati da Twitter a TikTok?

Premetto, non state per leggere un trattato sulla storia dei social network o uno studio sulla comunicazione degli ultimi anni. Non presenterò numeri e dati, nessun case study, non ci saranno riferimenti a ricerche di grandi istituti e citazioni con relativa bibliografia. 

Vorrei semplicemente condividere una riflessione da “addetto ai lavori” (quanto mi fa ridere questa definizione) o comunque, nel mio piccolo, da operatore del mondo della comunicazione. E nello specifico di quel “magico” settore del digital marketing.

Darò per scontato che chi legge ha sicuramente notato la crescente importanza dei social nella comunicazione e nel quotidiano e bla bla bla. Insomma ci siamo capiti. Vorrei però focalizzare la mia attenzione sull’evoluzione avuta dall’utilizzo dei social nei progetti di comunicazione più recenti.

La riflessione nasce da alcune richieste di clienti, qualche chiacchierata con altri operatori del settore, ma anche scambi di opinioni con amici a cena. Perché si sa, quando si parla di marketing e sopratutto di social tutti ne sanno qualcosa. Sopratutto se vivi a Milano 😉

Diciamo che sempre di più, prima sotto voce e poi ultimamente in maniera esplicita, sento parlare di un nuovo social che va per la maggiore, un nuovo potenziale canale da sfruttare, un nuovo spazio digitale in cui meglio esserci che non esserci, un’arma (siamo pur sempre ArmaSocial) potentissima per la comunicazione sopratutto in ambito musicale: TikTok.

Quello che mi ha colpito non è di per se la ricerca di nuovi canali ma il fatto che da più parti, e per progetti molto diversi, si chiedesse di valutare l’utilizzo di questo social. Evidentemente inizia ad “andare per la maggiore”, a trasmettere la percezione che sia sempre più importante e utile. Che sia giusto o sbagliato poco importa in questa sede, perché è proprio sulla percezione che ne ha il pubblico che mi vorrei concentrare.

Perché chi lo prova dice che “sapcca”, perché gli addetti ai lavori (così mi hanno riferito) ne parlano in incontri e convegni come uno strumento da non sottovalutare per il futuro, qual’è la forza di TikTok più evidente e attrattiva? Dal mio punto di vista si nota da subito la somiglianza con un’altro strumento sempre più “in voga” nell’ultimo periodo, le Stories di Instagram.

Contenuti semplici, brevi, immediati, proposti con ritmi incalzanti uno dietro l’altro, legati quasi esclusivamente all’immagine, in cui vediamo persone che ballano, che cantano, che “fanno cose”, un intrattenimento leggero, mai fermo e quasi mai noioso.

Credo che sia proprio questa l’arma vincente, la leggerezza di un intrattenimento che muove immagini e colori davanti ai nostri occhi facendo passare il tempo senza dover sforzare in alcun modo il cervello. Avevo già parlato in “L’irresistibile leggerezza di Instagram” di questo aspetto, ma a cavallo tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo decennio il mio ragionamento si è spinto anche sull’utilizzo dei social network negli ultimi anni.

Se ripensate alla storia dei social noterete come tutti gli strumenti caratterizzati dalla centralità della parola stiano piano piano lasciando il posto alle immagini. Da Twitter in cui i cinguettii sono dei brevi scritti stiamo virando verso video brevi di balletti più o meno improvvisati. 

Bene, ora se anche questa tendenza fosse vera? Cioè se dimostrassimo la correttezza delle mie percezioni oltre a constatare il cambiamento dell’utilizzo main stream dei social network cosa sta cambiando? E che importanza ha per chi lavora “nella comunicazione”? Sta cambiando tutto e non possiamo di certo ignorarlo.

Se cambia il mezzo e il modo di ricevere i messaggi vuol dire che si dovrà cambiare anche il modo di trasmetterli. Bene, ma c’è un’altro aspetto da non sottovalutare, se siamo sempre di più alla ricerca di intrattenimento senza contenuto come possiamo trasmettere i nostri messaggi?

Si parla spessissimo (a volte anche a vanvera) di storytelling, di creare un racconto con un preciso tono di voce ecc. ma se la nostra comunicazione è effimera e frazionata come faremo? C’è ancora spazio per creare un racconto che duri nel tempo? E ha senso farlo?

Sicuramente c’è ancora margine per chi vuole leggere, capire, ascoltare e usare la memoria. Ho provato personalmente con un cliente: abbiamo fatto dei post di solo testo su Facebook (eresia!!!!) con un contenuto appetibile per i fan e gli utenti hanno interagito anche sopra la media. 

Ma la sensazione è che si tratti più di un caso isolato, il pubblico più ampio invece è continuamente alla ricerca di leggerezza e si lascia trasportare da ciò che intrattiene senza impegnare, che riempie i vuoti senza richiedere alcuno sforzo.

Ovviamente qui si va ben oltre alle riflessioni professionali, ma si tocca il sistema culturale nazionale e internazionale e per questo lascio ai voi ogni considerazione. Perché se avete letto fino a qui potrete tranquillamente ragionarci sopra senza la mia opinione.

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